GLI INCOMMENSURABILI
O Dimore Divine

Questo articolo parla di qualità “ordinarie” che ognuno di noi possiede.

Se ne parla nelle tradizioni spirituali buddiste, ma anche nella nostra cultura cristiana e cattolica.

Questo scritto, diviso in 2 “puntate” (la seconda parte a novembre), è stato scritto da un’amica e collaboratrice Mariagrazia Bresciano.

Lei scrive:

“Non mi considero un’insegnante di Dharma, per cui quanto trovate  scritto è frutto della mia esperienza spirituale che ha origine nell’educazione cattolica e da circa tredici anni dalla “scoperta” delle pratiche buddiste.

Quando Maddalena mi ha chiesto di scrivere un articolo e ho detto di sì, ho iniziato a fare i conti con la mia mente che ha fatto molto “rumore” prima di permettermi di provare a offrire qualcosa: quello che leggerete non è esaustivo né perfetto, è un tentativo di offrire a qualcun altro un po’ di quello che ha dato a me il riconnettermi con la dimensione spirituale della vita.

La parola INCOMMENSURABILI ha a che fare con qualcosa che non si può misurare ed evoca qualcosa di infinito.

Negli insegnamenti di derivazione buddista si fa riferimento agli Incommensurabili come a qualità ordinarie che appartengono all’essere umano anche dette Dimore Divine (Bramavihara) o Qualità del Cuore o Energie del Cuore.

Sono qualità potenti per liberarci dalla sofferenza e la loro pratica quotidiana ci indica la via del benessere e dell’equilibrio.

Ognuno di noi ha una saggezza interna, un piccolo-grande Budda, un piccolo-grande Gesù, una piccola-grande Maria che ci conduce ad attingere alla sorgente divina e possiamo attivamente risvegliare in noi queste qualità del cuore.
Si dice che ogni essere senziente sia alla ricerca della medesima cosa e cioè della liberazione dalla sofferenza e della ricerca della felicità.

La pratica dei brama – vihara è un modo per illuminare la strada della propria vita e prendersene cura, riducendo la sofferenza e facendo crescere la felicità.


Le Dimore Divine o qualità del cuore secondo gli insegnamenti (Dharma) del Budda sono quattro:

– Amorevole Gentilezza (Metta in lingua Pali)

– Compassione (Karuna)

– Gioia compartecipe (Mudita)

– Equanimità (Upekka)

METTA è la qualità dell’amore in senso più ampio possibile, ha a che fare con la benevolenza, non è legata ai desideri e non pretende che le cose siano diverse da quelle che sono, vince l’illusione dell’isolamento, di non essere parte di un tutto. Metta è la capacità di accogliere tutto quanto di noi e dell’altro da sé, non ci chiede di essere perfetti e non cerca la perfezione, ci porta all’amore e all’amicizia verso di sé e verso gli altri. Noi occidentali siamo specializzati ad essere i peggiori nemici di noi stessi. Nelle culture asiatiche la mente è meno condizionata dall’autocritica, dall’autosvalutazione… in Tibet per esempio non esiste il concetto di senso di colpa…. diventare un buon amico spirituale di se stessi è una bella sfida!

KARUNA o compassione significa risuonare con il dolore dell’altro da sè ma non è essere sopraffatti. Noi tendiamo a fuggire la sofferenza, ma Karuna ci offre l’occasione di accoglierla e poterla trasformare. La qualità della compassione è connessa alla qualità dell’amorevole gentilezza. Per praticare Karuna occorre empatia, calore, connessione. Una buona pratica può essere, quando incontriamo per strada qualcuno che ci chiede denaro, sentire che effetto ci fa e notare com’è per noi un incontro di questo tipo. Quando sorge pietà in noi si genera separazione: il tuo dolore non è il mio;  quando sorge compassione: il tuo dolore è anche il mio.

MUDITA o gioia compartecipe, è la capacità di gioire di apprezzare. Siamo molto più bravi a vedere le difficoltà, a focalizzarci su quello che non va, praticare Mudita è un modo per apprezzare la gioia e la bellezza in ciò che ci circonda e coltivare la gratitudine. Mudita ha molti ostacoli, viene considerato il più difficile da praticare fra gli incommensurabili: frivolezza, esuberanza, invidia, gelosia, confronto con l’altro giudizio sono aspetti umani che ci ostacolano la possibilià di sperimentare Mudita.

UPEKKHA viene tradotto con equanimità o equilibrio. Ha a che fare con l’accettare tutto con imparzialità, è uno spazio interno in cui è possibile accettare liberi da avversione, odio o attaccamento, senza aspettative e senza paura.


Queste quattro qualità possono essere ri-svegliate con le pratiche, si dice che quando sono in equilibrio si crei un senso di spaziosità da cui possono sorgere nuove cose.

Queste qualità, si dice, hanno dei nemici che sono detti “vicini” e “lontani”.

I nemici vicini dell’amorevole gentilezza sono lattaccamento e il desiderio, i nemici lontani sono la rabbia, il rancore, la malevolenza, l’avversione. Nel praticare l’amorevole gentilezza possiamo fare esperienza di come funzioniamo noi e come sorgono questi nemici; possiamo lavorare per trasformarli, così da trasformare le nostre vite in amore e pace e non aumentare la sofferenza.

Il nemico vicino della compassione è la pietà, la tristezza, il dolore, il dispiacere, il nemico lontano è la crudeltà.

Il nemico vicino della gioia compartecipe è la frivolezza, lesuberanza, il nemico lontano è la discriminazione, l’invidia, la gelosia e anche l’avarizia. Una pratica che aiuta a far sorgere Mudita è la gratitudine.

I nemici vicini dell’equanimità sono l’indifferenza e l’apatia, i nemici lontani sono avversione, desiderioattaccamento.

Grazie all’addestramento alla consapevolezza (mindfulness) è possibile accorgerci di quando sorgono in noi i nemici vicini e lontani delle dimore divine e quando proviamo gioia dimorando invece nei quattro stati sublimi.


Thich Nhath Hanh (monaco vietnamita, costruttore di pace, scomparso non molto tempo fa) usava una metafora per aiutare le persone a comprendere come fosse possibile andare verso il proprio benessere:
“…dentro di noi c’è un meraviglioso giardino in cui ci sono semi buoni (dimore divine) e semi non buoni, noi possiamo scegliere di annaffiare i semi buoni ma non possiamo evitare i semi cattivi, occorre “viverli”.  In questo modo il nostro giardino fiorirà e non si riempirà di gramigna.

Per coltivare le dimore divine secondo gli insegnamenti del Budda non è necessario fare cose straordinarie, ma occorre partire da quello che ci dà gioia. Il Budda dà indicazione di partire dall’osservare i 5 precetti o addestramenti. Seguire quest’indicazione è già molto (segue parte 2).


Mariagrazia Bresciano è psicologa, psicoterapeuta ad orientamento psicodinamico, iscritta all’Ordine del Piemonte; è Psicoterapeuta Contemplativo secondo il modello della Core Process Psycotherapy.
Si è formata alla Mindfulness in Relazione con Anne Overzee e Deirdre Gordon Karuna Institute, UK.
E’ Supervisore Contemplativo,  EMDR Practitioner, esperta di uso della Voce, del Suono e del Canto Libero secondo il modello di Rosa Medina (Instituto Kantha).
Ha completato il Training di Yoga Tibetano Kum Nye con Maura Sills (Karuna Institute UK).
Ha conseguito il Diploma of Graduation for Mindful Parenting Program in Clinical and Prevention con Susan Bögels e Nicoletta Cinotti.
E’ operatore di Training Autogeno Bionomico di base secondo gli insegnamenti di Schultz e membro I.C.S.A.T.
Sta concludendo il Master di Pratiche Cliniche Contemplative “Il Coraggio di Essere” co- condotto da Anne Overzee e Klaas Oversee.
Vive e lavora e a Torino.
 www.mariagraziabresciano.it