IL SENTIERO DEL SILENZIO (PARTE 2)

Sentiero del silenzio parte 2

Questo secondo articolo sul Sentiero del silenzio continua il precedente e unisce ulteriori mie personali riflessioni a quelle scritte da  Carla Gabbani, Insegnante di Scuola e Insegnante di Yoga.

Si veda anche su questo sito l’articolo “DHARANA: CONCENTRAZIONE PROFONDA”.

Il silenzio non è una attitudine “scontata” della mente.
Affinchè possa diventare una presenza stabile ed amica, dobbiamo fare un lungo lavoro su noi stessi, sulle nostre abitudini mentali all’irrequietezza, alla proliferazione verbale, mentale ed emotiva, al non essere “qui ed ora”.

Patanjali negli “Yoga Sutra” ci ricorda che si giunge alla pacificazione della mente ed al silenzio, solo attraverso un lavoro su di noi regolare e costante. Infatti, è solo grazie alla continuità e alla perseveranza nella pratica, che diventa possibile raccoglierne i frutti.

“La nostra anima ha bisogno di solitudine.
Nella solitudine, se l’anima è attenta, Dio si lascia vedere.
La folla è chiassosa: per vedere Dio è necessario il silenzio”. 

Agostino da Ippona, Commento al Vangelo di Giovanni


Qui alcuni aspetti / passaggi sul sentiero del silenzio:

  • IL RACCOGLIMENTO e l’OSSERVAZIONE DI SE’
  • LA MEDITAZIONE
  • LA PREGHIERA (nel prossimo articolo).

IL RACCOGLIMENTO e l’OSSERVAZIONE DI SE STESSI

Il raccoglimento (nello Yoga il “PRATYAHARA“) e l’osservazione  e lo “studio” di Se’ (nello Yoga “SVADHYAYA“) è saper rimanere soli con se stessi.

È l’impegno costante dell’uomo per conoscersi, per comprendere la propria vera natura.  Distogliere l’attività dalle cose esterne e fermare l’attenzione sull’oggetto (desta) della propria riflessione. Costituisce un punto essenziale della vita interiore e la sua natura è spirituale perché ci porta verso il Sé (non verso l’Ego…).

Se ci diamo del tempo, se siamo onesti con noi stessi, se non ci giudichiamo, se ci facciamo “umili e curiosi” nell’osservazione… allora le tendenze affiorano naturalmente, spontaneamente.
L’osservazione è un sentiero mistico, perché esaminando l’io dall’interno, diventandone consapevoli e pienamente coscienti, ci si risveglia poco a poco.
L’osservazione non solo porta conoscenza, ma anche trasformazione.

“Non sprecate il tempo assegnatovi per soggiornare sulla terra in stupide fantasie e debolezze che vi costringono fuori della porta. Quando entrerete nel caldo e nella quiete del vostro stesso intimo?
Ritiratevi in silenzio ed in solitudine e provatene gioia.”


Sathya Sai, Discorsi anni 60/62, vol.II


LA MEDITAZIONE 

La Meditazione (nello Yoga “Dhyana”) è uno stato di coscienza.

Ci si può arrivare tramite  “tecniche” specifiche per raggiungere uno stato di consapevolezza, totalmente diverso dal normale stato di veglia.

Si veda anche in LEZIONI YOGA  – AUDIO – Pratiche meditative e VIDEO – Pratiche Meditative e Approfondimenti.
Non è questo un articolo specifico sulla meditazione, qui solo alcuni cenni in relazioni al Sentiero del Silenzio.

Nella meditazione siamo pienamente svegli e vigili, ma la mente non è focalizzata sul mondo esterno o sugli eventi intorno a noi. La mente non sta dormendo, né sognando o fantasticando; al contrario, essa è chiara, rilassata e focalizzata “all’interno”.
La radice della parola “Meditazione” è simile alla radice di “medico” o “medicare” e implica il “dedicarsi” o “fare attenzione” a qualcosa.
Nella meditazione portiamo l’attenzione a dimensioni di noi stessi che raramente osserviamo e conosciamo: i nostri livelli più interiori, che sono più profondi dei processi del pensare, dell’analizzare, del sognare ad occhi aperti o del fare l’esperienza delle emozioni e dei ricordi.
La meditazione comporta un tipo di “attenzione interiore” che è calma, concentrata ed allo stesso tempo rilassata.

Possiamo semplificare e suddividerla in 3 stadi.

Il primo stadioconsiste nel ritirare i sensi e la mente dal contatto con gli oggetti esterni (raccoglimento – PRATYAHARA); lo Yoga è finalizzato a questa introspezione, preparata da Asana, Kriya, Pranayama, Bandha, Mudra).
Uno dei simboli dello Yoga e del Raccoglimento è rappresentato dalla tartaruga (Kurma) che ritira le sue membra dentro il proprio guscio: gli arti, la coda, la testa. I quattro arti e la coda rappresentano i cinque sensi e la testa la mente.  Così l’essere umano si ritrae in Se’, evita le fluttuazioni della mente da un oggetto all’altro e si predispone alla meditazione.

Il secondo stadio è concentrare – focalizzare – fissare (nello Yoga DHARANA) la mente su un punto unico, un supporto, un “focus” (“desha”) che deve essere “Subha e Abhimata”, ossia benefico e virtuoso per il praticante.
Può essere un centro sottile (Chakra), un simbolo (Yantra), un’immagine Divina (Svarupa), un suono-vibrazione (Mantra).  Si vedano anche gli articoli “DHARANA: CONCENTRAZIONE”, e   “AUM – OM”,

Il terzo stadio è lo stato meditativo vero e proprio (DHYANA), che consiste nella unione – fusione della mente con l’ “oggetto” (desha) della contemplazione, assorbendone le qualità e purificando-elevando le nostre vibrazioni.

Naturalmente, tutto questo avviene a livello della mente conscia e superconscia, ma vi è un quarto stato che trascendente ancora: il SAMADHI, il puro stato di coscienza, l’assoluta identità con il Divino in noi e fuori di noi.

 


“Se potessi assorbire l’essenza di questo messaggio, non ci sarebbero attività al di fuori della meditazione: ti vestiresti in meditazione e mangeresti in meditazione; cammineresti, ti alzeresti in piedi, ti siederesti e ti sdraieresti in meditazione; percepiresti ed avresti cognizione in meditazione; avvertiresti la gioia, la rabbia, la tristezza e la felicità in meditazione”.

Muso Kokushi (Maestro Zen, 1275-1351)


 

Maddalena Caccamo